Un Finalese nel Finalese
Libertà, di nuovo
Aggiornamento: 10 mag 2020
Il mare è calmo, c’è il sole, e il vento che soffia da levante crea un’increspatura sulla superficie dell’acqua.
Decido di verniciare un paio di pannelli in legno che andranno a comporre un armadio per le camere e di andare a farmi una bella nuotata.
Opto per non indossare la muta e di nuotare semplicemente con il costume, forte dai due mesi del mio Wim Hof method. Non so se lo sapete ma abituarsi al freddo dicono che rafforzi il sistema immunitario, se poi prendi il sole e bevi un succo di limone fai una scorta di vitamina D e vitamina C che manco la Kryptonite può buttarti giù.
Mi cambio in garage e sono già solo felice nell’indossare il mio costume da nuoto, esco e passo a piedi scalzi davanti al Conad e a un altro negozio che hanno davanti una coda di persone mascherinate. Tutti ti guardano, ma tu tiri dritto perché quello che vuoi è incondizionabilmente incondizionabile dagli sguardi e dai pensieri che ti fai sui possibili pensieri altrui.
Appoggio l’asciugamano dentro l’oblò del chiosco sulla spiaggia e mentre mi avvicino alla battigia comincio a indossare la cuffia. Metterla con i capelli che non taglio da settembre dell’anno scorso mi ricorda le movenze che fanno le nuotatrici spingendo i capelli su in alto da tutti i lati per non far scappare la cuffia. Movimenti nuovi per me. Che bello qualcosa di nuovo.
Metto i piedi a bagno e cavolo è più fredda di quanto mi sarei aspettato. Attendo di abituarmi, studio questa sensazione, respiro profondo con gli occhi aperti e piano piano entro senza tuffarmi. Non sempre rapido e indolore funziona. Delle volte le cose le devi studiare, accogliere e accomodarle dentro di te.
Mi immergo e mi sento elettrizzato dal freddo. Non comincio subitissimo a nuotare; mi sento.
Due bracciate a rana e poi inizia il mio crawl verso est, contro corrente, contro quell'increspatura. Prendo il tempo che devo prendere. Non ho fretta. Non ha senso aumentare la forza o la velocità. Non è una gara, non è una dimostrazione, è un mio vivere pienamente questo momento di libertà. Sentire i miei pensieri e cercare di rimanere concentrato sul mio corpo, sul respiro, il freddo che sento su ogni angolo della mia pelle, la bracciata che si allunga bene, la sincronia della respirazione, la gambata e i piedi che si palmano come non succede sulla terra ferma. Arrivo davanti ai bagni Italia. Mi immergo, tocco il fondo coi piedi e tornando sulla superficie mi fermo un momento. I pensieri sono velocissimi e tra questi colgo il pensiero del mio amico Luca, che proprio lavorava in quella spiaggia ed è stato per me il personaggio più solare positivo e felice di tutta Finale. Ma il freddo sta prendendo il sopravvento e devo assolutamente tornare a nuotare e so che ora lui è li con me.
Tornando indietro sono a favore di corrente e quindi lo sforzo è minore. D’estate la sensazione del lasciarti trasportare è stupenda. Ma il 4 di maggio è un’arma. È stato stupendo fino a 100 metri prima di uscire e poi il freddo mi ha preso. Esco super tremante, come mai avevo tremato, meno male che il sole è caldo e mi dico che passerà presto. Invece no. Prendo l’asciugamano, mi metto al sole e al riparo dal vento cercando di scaldarmi ma il mio tremare non si placa.
Controllo il respiro e sento che nonostante stia tremando incontrollabilmente non sto soffrendo fisicamente. C’è un mix di freddo/felicità/gioia/preoccupazione che attraversa tutto il mio corpo. Ma non dolore e sofferenza. Me la porto fino a casa.
Che spettacolo!